venerdì 23 dicembre 2016

step 25 - sintesi finale

Siamo giunti al capolinea: in 24 step il bianco fantasma è stato analizzato qualitativamente (step 1) e quantitativamente attraverso i codici colore (step 3), sono state indagate branche dell’arte quali pittura (step 18), architettura (step 22), musica (step 5), cinema (step 7) ed anche fumetto (step 13), per spostarci successivamente ai campi applicativi più concreti dell’arte quali product design (step 16), grafica pubblicitaria (step 15), logo design (step 10) e moda (step 20).

In un’ottica più culturale, antropologica e a tratti etnologica, sono stati trattati i rapporti tra il nostro colore e la mitologia (step 4), la sua penetrazione nella saggezza e nella cultura popolare (step 8) e la sua connotazione più “selvaggia” e primitiva (step 23), oltre alla necessaria declinazione del bianco fantasma in tutte le lingue del mondo (step 2).

Da una prospettiva più scientifica invece, il nostro colore (esteso al bianco in generale) prende posto nelle più celebri teorie dell’ottica (step 6), nei pigmenti utilizzati sin dalla preistoria per la pittura e la decorazione (step 14) e (ovviamente) nella storia della codifica informatica che ha portato alla sua nascita (step 11). A quest’ultimo aspetto è necessariamente legato a doppio filo anche il creatore della suddetta codifica, Jim Gettys (step 21).

Troviamo il bianco fantasma anche tra i brevetti, come ingrediente in una ricetta per un rimedio medico alternativo cinese (step 17). Sempre di ricette si parla nello step 12, in cui la meringa figura come la caratterizzazione edibile del nostro colore.

A chiudere l’universo del bianco fantasma, un abbecedario raccoglie tutte le parole chiave ad esso legate (step 9) mentre un’analisi quasi drammatica ne delinea la breve storia (step 19). Infine l’archetipica sedia La Marie, insieme ad una wordcloud elencante le qualità del nostro colore (step 24), tirano le somme del nostro cammino nel bianco fantasma.

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